Matrimonio riparatore

Matrimonio riparatore

Nella Bibbia (Deuteronomio, 22,23-29) [4] si legge:

(23)Se una fanciulla vergine e’ fidanzata, e un uomo trovandola nella citta’, si sara’ giaciuto con lei, (24) siano condotti ambedue fuori della porta della citta’ e siano lapidati, finché muoiano: la fanciulla perché, pur trovandosi in citta’, non ha gridato, e l’uomo, perché ha violato la donna del suo prossimo. Togli così il male di mezzo a te. (25) Invece se un uomo trova una giovane fidanzata per i campi, e facendole violenza, si giace con lei, muoia soltanto l’uomo che e’ giaciuto con quella; (26) ma non far nulla alla giovane, essa non ha commesso colpa degna di morte; e’ come il caso di uno che assale il suo prossimo e lo uccide. (27) Infatti, egli ha trovato quella giovane fidanzata per i campi, ella puo’ aver gridato, ma nessuno e’ venuto in suo aiuto. (28) Se uno trova una fanciulla vergine, non fidanzata, l’afferra e si giace con lei, e verranno scoperti, (29) l’uomo che si sara’ giaciuto con la fanciulla deve pagare al padre di lei cinquanta sicli d’argento ed ella sia sua moglie, perché egli l’ha disonorata, né la potra’ mai rimandar via per tutta la sua vita 

Il versetto (29) e’ una delle prime attestazioni del costume del “matrimonio riparatore”: era concepito come una forma di risarcimento e di tutela per la donna, che avendo perduto l’onore, non sarebbe piu’ potuta essere presa in moglie da nessun altro uomo; invece, come si puo’ notare, la legge protegge la donna anche dall’eventualità di un ripudio successivo.

Il costume del matrimonio riparatore sopravvisse nella cultura occidentale fino a tempi molto recenti: in Italia fino al 1981, allorché un uomo commetteva, nei confronti di una donna nubile ed illibata, stupro o violenza carnale punibile con la pena prevista dall’art. 519 e segg. del codice penale, onde evitare il processo o al fine di far cessare la pena detentiva inflitta, poteva offrire alla ragazza il matrimonio riparatore facendo così cessare ogni effetto penale e sociale del suo delitto (art. 544 cod. pen., ora abrogato).

Lo stupratore, affinché potesse fruire del beneficio di legge, doveva offrire il matrimonio alla ragazza addossandosi altresì tutte le spese della cerimonia e senza poter pretendere alcuna dote. Se la ragazza rifiutava la riparazione offerta subiva il disprezzo sociale, e presumibilmente non si sarebbe più sposata. Tale usanza è stata legalmente abolita attraverso la modifica dell’art. 544 del codice penale (art. 1 L. 5/8/1981 n°442).

La prima donna italiana a ribellarsi al matrimonio riparatore è stata la siciliana Franca Viola nel 1966, rifiutandosi di sposare il suo rapitore e stupratore.

I Maestri del Socialismo ha scritto:

FRANCA VIOLA, LA DONNA CHE DISSE NO AL MATRIMONIO RIPARATORE

Franca Viola (Alcamo, 9 gennaio 1947) fu la prima donna italiana a rifiutare il matrimonio riparatore, diventando un simbolo della crescita civile dell’Italia nel secondo dopoguerra e dell’emancipazione delle donne italiane.
Una ragazza di 18 anni di Alcamo, in Sicilia, viene rapita la sera del 26 dicembre. È un rapimento insolito. Il giovane ‘guappo’ Filippo Melodia, invaghito e rifiutato dalla ragazza, decide di rapirla per ‘riparare’ con il matrimonio dopo aver violentato la ragazza e aver quindi “compromesso l’onore” di Franca Viola e della famiglia. La storia a questo punto presenta aspetti manzoniani. Qualche giorno dopo il rapimento, alcuni ‘scherani’ del Melodia, avvicinano il padre della ragazza per strappargli il consenso. Neppure lui cede… questo matrimonio non s’ha da fare.

Poi però cede, o meglio, finge di acconsentire alle nozze e concorda, con i Carabinieri di Alcamo, una trappola: quando il Melodia scende in paese attorniato dai suoi ‘bravi’ e con la donna al seguito, scatta la trappola: ad attenderli c’è il padre con i Carabinieri. Il ‘caso’ suscita sdegno in tutto il Paese. Ci saranno anche interrogazioni parlamentari ed al processo che segue, Filippo Melodia viene condannato a 11 anni di carcere ridotti poi a 10. Nel 1968 Franca Viola sposa per amore il giovane Giuseppe Ruisi mentre il Melodia, uscito dal carcere nel 1976 per scontare un’ulteriore pena di due anni di soggiorno obbligato nei pressi di Modena, quasi alla fine della pena, per i suoi gesti da ‘guappo’, il 13 aprile del 1978 si ‘scontra’ con una lupara e muore.

Di fronte a questa storia non si può che ricordare come l’oppressione delle donne da parte degli uomini sia una delle violenze contro la quale occorre contrapporre una specie di lotta di classe emancipatrice. L’elaborazione del marxismo sul nesso strutturale tra società capitalistica e la violenza di genere a riguardo è molteplice, a partire dagli scritti di Marx ed Engels:
“La prima oppressione di classe coincide con quella del sesso femminile da parte di quello maschile […] Il rovesciamento del matriarcato segno’ la sconfitta sul piano storico universale del sesso femminile. L’uomo prese nelle mani anche il timone della casa, la donna fu avvilita, asservita, resa schiava delle sue voglie e semplice strumento per produrre figli…”
(Friedrich Engels, da “L’origine della famiglia della proprietà privata e dello Stato”, 1884)

Onore quindi a Franca Viola, una Donna che, forse inconsapevolmente, è diventata un esempio di combattente di classe che ha saputo opporsi nell’Italia assai poco “democratica” e molto bigotta, reazionaria, conservatrice e soprattutto patriarcale degli anni ’60 ad una pratica barbara. La sua è stata una battaglia importante nell’ambito della lotta di classe complessiva, la quale per i comunisti è tesa ad eliminare ogni tipo di oppressione sociale, sia essa economica, sociale, etnica o di genere.